PIUTTOSTO SMEMBRAMENTO DELL’ITALIA A VANTAGGIO DI ALCUNE REGIONI CON ANCHE GRAVI CONSEGUENZE PER LA SICUREZZA IDRAULICA DEL TERRITORIO.

Una nota di Sauro Turroni, già parlamentare Verde.

Alcuni, pochi, troppo pochi , hanno commentato negativamente e si sono battuti contro il devastante provvedimento voluto dalla Lega sul demanio e patrimonio dell’Italia , provvedimento che ha svelato che il progetto secessionista non è mai stato abbandonato, che la maggioranza è in mano alla Lega, che l’opposizione non esiste e in taluni casi, vedi DiPietro, è complice e connivente, che i mezzi di informazione hanno voluto soffermarsi sulle apparenze e non entrare nel cuore del provvedimento.

Principalmente finora gli oppositori e i commentatori hanno concentrato la loro attenzione sui temi della svendita di beni che appartengono all’intero popolo italiano, sugli effetti speculativi e di cementificazione del territorio che questo provvedimento produrrà.

A leghisti e compagni interessava mettere le mani sulla “roba” e fare in modo che le regioni del nord potessero trarne profitto e per fare questo non si sono preoccupati di altro che degli interessi materiali di chi ritengono di dover rappresentare.

I beni che verranno trasferiti alle regioni e che saranno venduti appartenevano finora alla nazione intera, servivano a garantire il debito pubblico del paese. Ora la loro attribuzione in modo diseguale e non proporzionale alle diverse regioni, per effetto della loro concentrazione solo in alcune di esse, farà in modo che il 75% del valore dei beni che saranno posti in vendita serva a coprire il debito di quelle regioni e solo di quelle, così come a quelle e solo a quelle saranno destinati i proventi delle concessioni demaniali.

Regioni di serie A e regioni di serie B o C, a seconda della maggiore o minore presenza di beni nel territorio regionale ed evidente e clamorosa diseguaglianza fra i cittadini che, risiedendo in regioni che ricevono maggiori risorse economiche per effetto dei trasferimenti, potranno usufruire di maggiori servizi, pagati con la vendita di cose che appartenevano all’intero popolo italiano.

Le reiterate affermazioni del governo, della maggioranza e dei loro ascari secondo cui non si tratterebbe di uno “ strumento volto a soddisfare egoismi territoriali “ bensì di una “ nuova e più avanzata modalità di governo di un sistema istituzionale policentrico e multilivello “ manifestano tutta la loro falsità e si rivelano invece uno strumento per politiche pubbliche non uniformi che determineranno livelli di servizi diseguali per i cittadini del nostro paese.

Non c’è alcun fondo perequativo, così come previsto dall’art.119 , terzo comma, della Costituzione, al contrario c’è l’attribuzione diseguale di beni e risorse privilegiando territori con maggiore capacità fiscale.

Un secondo aspetto molto preoccupante riguarda il demanio fluviale . Attuato al solo scopo di “portare a casa” la ghiaia dei c.d. sovralluvionamenti, vecchio pallino dei leghisti che hanno cercato per anni di mandare le ruspe per scavare ghiaia e sabbia negli alvei dei fiumi, sostenendo falsamente che da esse derivavano le alluvioni.

In un solo colpo si è affossata la legge sulla difesa del suolo, la 183/89 che aveva avuto il grandissimo merito di individuare i bacini fluviali al fine di un loro governo unitario, l’unico in grado di prendere in considerazione ogni aspetto delle attività umane in relazione con le caratteristiche fisiche e idrauliche di un territorio e gli eventi che le interessano, sia provocati dagli uomini sia dalla natura.

Decine di anni di dibattito e acquisizioni scientifiche spazzati via dall’ignoranza e dalla avidità, con buona pace delle spiagge che , ancor più private, come saranno, dell’apporto solido dei fiumi, scompariranno ancor più velocemente di quanto già non avvenga oggi.

Mentre si mantiene il Po allo Stato si trasferiscono alle regioni i suoi affluenti, spezzettando ancora di più proprietà e competenze che aumenteranno ancora i gravi rischi in caso di alluvioni , con il prevalere degli egoismi locali al posto dell’interesse generale in caso di necessità di esondazioni guidate, taglio di argini o altri interventi di carattere eccezionale.

E che dire delle capacità regolatrici dei grandi laghi, anch’essi regionalizzati con il penoso escamotage dell’intesa, che obbediranno non solo agli interessi dei grandi concessionari, sempre sordi agli interessi del paese perché configgenti con i propri, ma con quelli stessi delle regioni concedenti, interessate alla gestione economica della risorsa idrica.

Quale fosse il problema lo abbiamo visto anni fa in occasione di una grande piena del Po e con le resistenze messe in atto dalle autorità locali nei confronti del taglio degli argini da una parte o dall’altra del fiume o della gravissima siccità di due anni fa, con le resistenze di chi stava a monte a rilasciare l’acqua invasata per le esigenze delle città e delle coltivazioni agricole che stavano a valle.

La frammentazione del demanio statale ripropone e rende attuale l’antica favola di Fedro facendo rivivere ancora una volta un Superior stabat lupus senza che tutti gli agnelli che stanno al di sotto abbiano alcuna possibilità di opporre resistenza o invocare giustizia.

Applicare all’ Italia il così detto federalismo demaniale proprio mentre si celebra il 150 anniversario della sua unità è un ulteriore sfregio che rende ancor più necessario il formarsi di un fronte comune per contrastare questa ignobile e devastante iniziativa del Governo, della Lega e dell’ IDV , con l’opposizione degna di Sua Maestà del PD, che consenta il ricorso alla Corte Costituzionale per impedire che ciò che appartiene all’intero popolo italiano vada a beneficio solo di una parte di esso.

Forlì, 25 maggio 2010.